"Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercar di promuovere quest’opera necessaria e che non sono mosso da altro motivo che il bene generale del mio Paese nel miglioramento dei nostri commerci, nell'assistenza ai piccoli e l’aiuto ai bisognosi, e nella possibilità di offrire qualche piacevole passatempo agli abbienti". (J. Swift, Londra,1729).
Prologo
Il 21 dicembre 2004 il presidente Ciampi, nel suo discorso alla cerimonia per lo scambio degli auguri di Natale e Capodanno con le magistrature della Repubblica, aveva richiamato l’attenzione sull'articolo 98 della Costituzione, che recita testualmente: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione”. Ciampi proseguiva dicendo che la Pubblica Amministrazione non dovesse essere considerata una palla al piede.
Il giorno dell'approvazione della legge n.15 del 2009 il Ministro Brunetta dichiara: “Con questa legge i dipendenti pubblici saranno chiamati a fare bene il loro lavoro. Quelli bravi non avranno nessun problema, i fannulloni, invece, dovranno fare qualche riflessione". Nulla da temere, per il responsabile della Funzione Pubblica, per i pubblici dipendenti "bravi, che sono la maggioranza: avranno finalmente una pubblica amministrazione apprezzata dai cittadini italiani, che non sarà più una palla al piede ma il motore dello sviluppo del Paese. Questo risultato significa più reputazione, ma anche più remunerazione, salari e premi legati alla produttività".
"Quindi" insiste il ministro "per quelli che vorranno percorrere questa rivoluzione ci saranno benefici, onori e salari più alti".
"In verità" ricorda il ministro con aria soddisfatta "la rivoluzione, in parte, è già in atto perché tutto ciò che ho fatto, anche senza la legge, ha anticipato la legge stessa", e snocciola: "le assenze per malattia nella PA ridotte fino al 70%, i distacchi sindacali, l'operazione trasparenza sulle consulenze...".
Le due autorevoli citazioni si riferiscono al tema dell'organizzazione e del funzionamento della Pubblica Amministrazione e vengono rilasciate in un periodo "coperto" da un'intensa campagna di informazione rivolta ad instillare la convinzione dell'inutilità dello stato e delle funzioni svolte dai funzionari pubblici nonché ad alimentare l'idea che i costi dei servizi (inutili) siano prevalentemente oggetto di spreco per la collettività.
Chi scrive non è interessato a confutare tale tesi ma più modestamente proverà ad evidenziare che le riforme introdotte dai corifei più infervorati di tale posizione ideologica
- non sortiscono effetti sostanziali sull'efficacia delle organizzazioni pubbliche;
- rappresentano un arretramento rispetto all'efficienza "reale" dei costi e alla programmazione dei servizi per la collettività;
- rappresentano un cedimento epocale alle lobbies collegate alle alte gerarchie ministeriali.
La Proposta
Qualche tempo fa ho avuto modo di leggere un contributo di Franco Bassanini che affrontava la "distinzione fra politica ed amministrazione, autonomia e responsabilità della dirigenza". All'epoca l'autore non era ancora diventato un apprezzato banchiere e l'articolo si inseriva in una riflessione più ampia ed a più voci ("L'amministrazione come professione"; G. D'Alessio - a cura di-; il Mulino, 2008) sullo stato dell'amministrazione pubblica a partire dallo status dei dirigenti pubblici.
C'è da dire che nel 2008 si era compiuto già un discreto percorso germogliato dal vento di riforma che aveva soffiato contro la "prima repubblica" ed aveva portato alla riforma del TUEL, nonché al tentativo di aprire la P.A. a competenze manageriali "esterne".
Quel percorso, legato alla stagione dei sindaci e dei risultati, però già nel testo citato cominciava a mostrare i segni del riflusso.
L'assalto belluino alle posizioni di vertice, soprattutto nelle alte gerarchie ministeriali, aveva prodotto in Italia un sistema unico nella sua indistricabilità.
Il sistema dello Spoils System veniva definitivamente archiviato dalla Corte Costituzionale, attivando un meccanismo farraginoso di valutazione della Dirigenza Pubblica che assicura soltanto il levitare dei costi ed i valzer di poltrone .
Le motivazioni principali della sconfitta dello spoils system sono da rintracciarsi prevalentemente nella tutela astratta dell'imparzialità della P.A. e nella tutela costituzionale dell'accesso al pubblico impiego.
La declinazione di tali principi (per certi versi condivisibili) in una temperie culturale di familismo amorale, caratterizzata da pressioni palesi o occulte di organizzazioni di potere (di stampo massonico o criminale). associata all'assoluta incapacità delle amministrazioni pubbliche di dotarsi di sistemi adeguati di selezione dei dirigenti, ha generato la sostanziale sconfitta del merito e del primato dei cittadini nei confronti della P.A.
In nome di un astratta tutela dell'imparzialità e trasparenza si è data la stura (proprio a partire dal 2008) ad una riforma della dirigenza pubblica che mirasse sempre più a ridurre gli spazi per competenze esterne e che fosse sempre più ripiegata su cordate di "tecnici interni" che radicavano se stessi nel potere.
A tal proposito (e non per polemica) basta ricordare la lunga teoria di alti dirigenti ministeriali transitati in ruoli di governo (in alcuni casi senza abbandonare nemmeno le posizioni dirigenziali), nonché l'altrettanto lunga teoria di dirigenti (sempre di carriera) transitati per scandali e condanne per corruzione in qualità di veri e propri cardini di sistemi di affari consolidati.
L'attacco alla categoria dei travet è servito da copertura ideologica all'arretramento della riforma organizzativa che non era riuscita a scardinare il potere dei "corpi intermedi" rappresentati dai dirigenti interni alti burocrati, che grazie alle cosiddette "sacche informative" determinano la governabilità nel breve periodo delle strutture burocratiche.
La politica ha dovuto arrendersi, in un'ottica di apparire e di short run alle pretese dei dirigenti "interni" appoggiati da legami trasversali ed ha dovuto consumare enormi risorse nei processi di negoziazione con i vertici per la realizzabilità di obiettivi di programma. Le istituzioni si sono trascinate in una superfetazione continua di organismi di controllo che fissano continuamente elementi di valutazione (di carattere prevalentemente economico) assolutamente marginali nella piramide motivazionale del potere dei dirigenti.
La riforma Brunetta, nata prevalentemente per le strutture ministeriali, ma ovviamente in virtù della statura del firmatario, assurta a paradigma generale di funzionamento di tutte le amministrazioni Pubbliche, digrigna i denti con i più piccoli, aumenta il tasso di presenza e riduce la morbilità, ma non aumenta la produttività del sistema.
L'idea di colpire la base lasciando intatti i privilegi e le prerogative di vertice è non tanto assurda quanto cinica e vigliacca.
Il risultato concreto di tale approccio è leggibile nell'irrilevanza della spending review (percentuali irrisorie di risparmio di costo a fronte di aspettative mediatiche favolose); nella paralisi completa delle amministrazioni locali e nel fallimento sostanziale delle organizzazioni che erogano servizi. Il tutto condito da un aumento generalizzato della spesa pubblica e della pressione fiscale.
L'analisi cui ho brevemente accennato vuole riproporre in pieno la riforma della Macchina Pubblica a partire da un input di fondo: la riforma sostanziale della Dirigenza Pubblica.
E' necessario, per intervenire sul sistema dei costi e della qualità dei servizi ricostruire il rapporto funzionale tra programma politico, obiettivi amministrativi e legalità. Il sistema pubblico deve negoziare obiettivi e valutare risultati. Il Meccanismo di controllo deve essere insieme di legittimità e di efficacia. Intere macchine amministrative che dissipano miliardi in stipendi per non attendere alla realizzazione di nessun programma ma restando in attesa del "passaggio del tempo con il minor danno/responsabilità possibile" rappresentano un lusso non più sostenibile. I dirigenti vanno valutati su un piano di obiettivi; vanno garantiti sul profilo della legittimità ma devono rispondere in maniera piena, come i professionisti dell'incarico affidato anche con la risoluzione del rapporto.
In tal senso ritengo che sia opportuno attivare un dibattito che miri ad una spinta forte per la Professionalizzazione dei Manager pubblici attraverso la reintroduzione massiccia del sistema dello spoils system che garantisca competenza, governabilità e responsabilità politica.
Ritengo che sia opportuno, con tale operazione (innanzitutto) culturale, riportare in primo piano il rapporto di efficacia attraverso un'abolizione progressiva delle figure dirigenziali interne (attraverso l'attivazione di ruoli ad esaurimento) ed attraverso l'istituzione di un albo nazionale (cui accedere per titoli ed esami) che curi anche l'aggiornamento professionale degli iscritti e le condizioni di permanenza o di "scoring". Tale albo potrebbe rappresentare la base di reclutamento per le esigenze delle varie amministrazioni.
Del resto l'idea di costruire un modello tipo ENA francese in Italia, dopo aver fatto crescere le università ad ogni crocicchio pure rappresenta una buona Utopia e soprattutto una buona foglia di fico per mantenere lo status quo. Così come l'idea che il Formez e la SSPA possano gestire la selezione dei dirigenti che dovrebbero garantire il cambiamento della P.A:, attraverso batterie ripetitive di quiz nozionistici che differiscono tra i vari profili a concorso esclusivamente per il codice posizione non può risultare credibile.
Alla fine non si propone qui di mangiare bambini...
(Francesco Girardi, Mp3)
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