Domenica Savia Coppola Presidente di M(p)3 |
Si
parla di mancanza di posti di lavoro, di opportunità di crescita
professionale, di accesso alla casa, al credito, alla possibilità di
creare impresa. Si parla quindi della difficoltà per i giovani
cittadini di intraprendere quei percorsi di vita personale e
professionale che dovrebbero fare di loro i futuri cittadini adulti
di questo Paese.
Se
non diamo ai ventenni di oggi, la possibilità di diventare cittadini
pieni, titolari di diritti ma anche di responsabilità nei confronti
di sé ed anche del contesto sociale in cui sono inseriti, avremo
trenta e quarantenni inetti e depressi, incapaci di fare delle
scelte. Che cosa sarà il nostro Paese?
La
mia è una provocazione, ma lo scenario delineato non è così
lontano da un epilogo possibile della situazione che stiamo vivendo
oggi.
La
provocazione era per sollevare l’attenzione sulle politiche
giovanili, e sul significato che le politiche giovanili hanno oggi.
Per
troppo tempo siamo stati legati allo stereotipo dell’intervento
pubblico sui giovani orientato al finanziamento di attività
ricreative (che pure hanno una loro valenza, beninteso) o, per
converso, al finanziamento pubblico di attività di prevenzione dalle
tossicodipendenze e delle più disparate forme di devianza (che
comunque meritano un attento intervento).
Si
trascura di considerare, invece, che un intervento pubblico sulla
popolazione italiana giovane, deve essere un intervento trasversale
ed è un intervento che attiene alle politiche di sviluppo economico
e sociale del Paese.
Nel
2006, durante il Governo Prodi, con il D.L. 223/2006 convertito in
legge 248/2006, fu istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri,il Fondo nazionale per le Politiche
Giovanili (FNPG), finalizzato a sostenere
iniziative volte a promuovere il diritto dei
giovani alla formazione culturale e professionale ed all'inserimento
nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la
realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per
facilitare l’accesso al credito per l’acquisto e l’utilizzo di
beni e servizi (DL 223/2006 art 19 c.2).
In
seguito, con il DPCM 20 giugno 2008, venne istituita la Struttura di
missione, quindi il complesso degli uffici deputati alla gestione
amministrativa delle iniziative finanziate dal FNPG.
Il
Fondo fu inizialmente dotato di soli 3 mln di euro per il 2006 e poi
di circa 130mln di euro all’anno per il 2007/2008/2009, per un
totale di circa 393mln di euro complessivi.
Tali
risorse furono ripartite in Conferenza Stato- Regioni. In quella sede
si decise l’ammontare delle quote del Fondo che sarebbero andate
alle Regioni, alle Provincie ed ai Comuni e le modalità per la
relativa erogazione.
Buona
parte dell’utilizzo effettivo di quelle risorse, in termini di
spesa, ricadde nella competenza del Governo successivo.
L’avvento
di un nuovo Governo portò alla istituzione, il 29 ottobre 2009, di
una nuova struttura amministrativa in sostituzione della prima, il
Dipartimento della Gioventù, sempre presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
La
Corte dei Conti, infatti, ai sensi della legge 14 gennaio 1994, n. 20
ed, in particolare, l’art.3, comma 4, svolge il controllo sulle
gestioni delle Amministrazioni pubbliche, verificandone la
legittimità e la regolarità,il funzionamento degli organi interni,
nonché la corrispondenza dei risultati dell’attività
amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge,valutando
comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione
amministrativa.
Con
la deliberazione n. 2/2013/G adottata nella seduta plenaria del 7
marzo 2013 la Sezione Centrale di Controllo ha valutato la spesa del
Fondo Nazionale delle Politiche Giovanili a cui sopra ho fatto cenno.
Ebbene,
molteplici sono gli spunti di riflessione che inevitabilmente
scaturiscono dalla lettura dell’articolato testo, a partire da
quella relativa agli aspetti organizzativi delle strutture deputate
all’adozione degli atti procedimentali e della mancanza di
continuità amministrativa al momento dell’avvicendarsi delle due
strutture, con le inevitabili ripercussioni a cascata su tutti i
destinatari delle relative risorse, in primis
i Comuni.
Quello
che però in questa sede ho scelto di evidenziare è innanzitutto la
accezione che la Corte dei Conti attribuisce alle politiche pubbliche
per la gioventù, ponendo l’accento su come la Corte stessa abbia
valutato, nel complesso, le modalità di spesa del FNPG ed in
particolare il modello dei Piani Locali Giovani nei Comuni italiani.
Farò quindi un breve cenno al Comune di Napoli, che è la realtà
che ho conosciuto più da vicino.
Circa
il primo aspetto, la Corte chiaramente afferma che
Le politiche giovanili sostenute da specifici interventi legislativi hanno assunto progressivamente una loro precisa identità nel contesto delle politiche di intervento, pur trovando evidenti connessioni con altre aree, come quelle, ad esempio, delle politiche per la famiglia, della lotta alle dipendenze e con tutto il settore che va dall'istruzione al lavoro. Le contiguità sono quindi molteplici e gli interventi di settore a valere sul Fondo per le politiche giovanili vanno considerati come facenti parte di un complesso di iniziative, di competenza di più soggetti istituzionali, che dovrebbero interagire ai fini della realizzazione effettiva di un Sistema organico, cui riferire una strategia comune.
La
Corte, in sintesi, rimarca un concetto che negli ultimi anni una
parte di Comuni Italiani e di enti no profit, che insieme fanno parte
della rete ITER, ed anche l’ANCI e le principali Università
italiane continuano a ripetere: le politiche
giovanili riguardano trasversalmente tutti gli ambiti dell’intervento
pubblico, nel momento in cui esso impatta sulla popolazione giovane.
Nel
corpo della delibera, insieme all’analisi della spesa, si rafforza
questo principio e si sottolinea che le politiche giovanili sono
quindi politiche del lavoro, della casa, dell’istruzione e
formazione, della sanità, del welfare, politiche industriali e di
sviluppo, del credito, e poi anche, la cultura, lo spettacolo, la
creatività, l’ICT, la creazione d’impresa e via dicendo.
In
un Paese che invecchia, ed i cui giovani non studiano, non lavorano,
ed anzi un lavoro non lo cercano più o lo trovano all'estero e non
ritornano, in cui molti non seguono percorsi di qualificazione
professionale, le politiche pubbliche sui cittadini giovani diventano
centrali e strategiche quali politiche di sviluppo. Non a caso la
norma istitutiva del fondo era denominata, tra l’altro:
“disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale”.
Dal
2006 al 2011, come si è detto, furono stanziate risorse destinate ad
essere utilizzate all’implementazione dell’intervento pubblico
sulle direttrici prioritarie di lavoro casa e credito.
I
rilievi della Corte non riguardano quindi le finalità dello
stanziamento, che la Corte stessa reputa condivisibili, bensì la
fase di utilizzo delle risorse stanziate, quella della spesa.
A
tale proposito dichiara che:
Va sottolineato come la polverizzazione dei progetti, la riconduzione a tematiche generiche e sovrapponibili, le difficoltà nel portare a compimento i progetti stessi, fattori che hanno determinato una vischiosità nell'impiego delle risorse, sono riscontrabili sia sul piano nazionale che su quello locale. Alle carenze rilevate sotto il profilo programmatorio vanno aggiunte quelle dovute all'assenza di un reale monitoraggio qualitativo che non ha consentito un’effettiva valutazione dei risultati, anche qui sia in ambito nazionale che in ambito locale.
La
Sezione di controllo segnala solo una modalità “virtuosa”:
“Vanno segnalati quegli interventi che sul piano territoriale hanno presentato una dinamica tendente a creare una rete, come nel caso dei Piani locali giovani, in qualche modo mirata a dare una sistematicità ad azioni altrimenti polverizzate.”
(1) Le precedenti leggi nazionali, si è detto, (DPR 309/1990 e L. 216/1991) finanziavano e disciplinavano interventi volti al contrasto alla criminalità giovanile, droga, emarginazione, volti in buona sostanza ad evitare che il giovane “finisse male”. Una prima svolta viene data dalla legge 285/1997 contenente”Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”. |
E
dunque:
Il primo dato sul quale soffermarsi è probabilmente quello che anche la Corte dei Conti, come prima i Comuni e poi i Governi avvicendatisi dal 2006 al 2011 di avere riconosciuto e promosso lo status di giovane come soggetto portatore di peculiarità, saperi, innovazione, quindi come potenziale risorsa sociale e non problema, o possibile emarginato, tossicodipendente, criminale (1). Si parla di politiche giovanili finalmente intese come interventi per la gioventù in generale, in condizioni di normalità e non di marginalità, situazione, questa ultima, di cui si occupano invece gli interventi socio assistenziali.
L’altro dato è l’affermazione, in buona sostanza, che l’efficacia
dell’intervento pubblico nell’ambito delle azioni che a diverso
titolo vanno ad impattare sulla popolazione giovane non può
prescindere dalla necessaria interazione tra diversi livelli
istituzionali, e quindi Comuni (singoli ed associati), Città
Metropolitane, Provincie, Regioni, Stato.
La
gestione di questo sistema complesso presuppone istituzioni in grado
di assumere un approccio nuovo che passi davvero, e non solo “sulla
carta”, dall’esercizio dell’autorità in un rapporto di
sovraordinazione gerarchica a quello della condivisione degli
interventi, che si attui cioè quello che già da tempo gli studiosi
del settore pubblico auspicano: il passaggio da government
a governance, dove nel
government prevale
l’utilizzo di strumenti di governo gerarchici o proprietari,
coerenti ad uno scenario in cui nell’azione pubblica è
predominante la produzione diretta di servizi, mentre nella
governance si
privilegiano strumenti di indirizzo e di promozione a causa di una
minore disponibilità di prerogative di governo dirette da parte
della PA.
Il
paradigma della governance,
infatti, si fonda sull’osservazione che una quota significativa
delle variabili socio-economiche rilevanti non sono più influenzate
o influenzabili in modo esclusivo e determinante dall’azione delle
P.A., ma rientrano nelle sfere di influenza di altri istituti
sociali. Questo è dovuto allo sviluppo del concetto di interesse
pubblico, che ora include delle dimensioni antropologiche, ambientali
e politiche in passato molto più ristrette, alla crescente
complessità delle società occidentali contemporanee ed alla
diffusione di ricchezza e di poteri socio economici tra i corpi
sociali. Pertanto l’interesse pubblico può essere meglio tutelato
solo cercando di ricondurre a sistema (connettere in rete) tutti gli
istituti che detengono delle prerogative di governo sulle variabili
socio economiche rilevanti, indirizzandoli verso una visione comune e
condivisa di interesse pubblico (Longo 2005). Se si fa riferimento
alle politiche giovanili, ed in particolare a come esse sono oggi
declinate a livello nazionale, ecco che il paradigma della governance
va inteso sia come approccio analitico allo scenario in cui opera la
P.A. e sia (e soprattutto) come conseguente logica di progettazione
degli assetti e degli strumenti di governo. In questo caso, quel
paradigma costituisce un approccio utile laddove si scopre che la
pubblica amministrazione non governa più la maggior parte delle
variabili che sono rilevanti per la tutela dell’interesse pubblico,
ovvero quando l’azione pubblica è strutturalmente debole o
insufficiente o copre solo parzialmente gli obiettivi che tutelano
l’interesse pubblico.
Un
ultimo dato è la necessità evidenziata di un adeguato e qualificato
strumento di rilevazione dei bisogni, nonché di monitoraggio e
valutazione dell’impatto dell’azione pubblica in questo settore
di intervento.
E
veniamo ai Piani Locali Giovani, cui la Corte dei Conti fa
riferimento come esempio “virtuoso” di programmazione e gestione
della spesa pubblica, auspicandone l’implementazione.
Il
Piano Locale Giovani è uno strumento, promosso dagli Enti Locali, in
particolare dai Comuni, che rappresenta il processo di concertazione
tra più enti, istituzioni, organizzazioni e soggetti collettivi, al
fine di armonizzare interessi diversi ed individuare obiettivi comuni
per l’attuazione di politiche giovanili orientate allo sviluppo
locale ed all’aumento della partecipazione dei giovani ai processi
decisionali (Miettoet al.
2009).
E'
un metodo efficace e sperimentato per programmare la spesa e le
risorse pubbliche destinate ad interventi per i giovani, capace di
mettere a sistema esperienze e progettualità che si realizzano in un
determinato ambito territoriale in una prospettiva di stabilità, di
integrazione e di partecipazione al fine di massimizzare i risultati
ottimizzando le risorse disponibili.
Anche
la Corte è dello stesso avviso, quando afferma che:
I PLG perseguono gli obiettivi di favorire una programmazione bottom up, fondata su partecipazione, partnership e inclusione del maggior numero possibile di soggetti nel processo decisionale, aumentare l’efficienza della spesa pubblica, anche attraverso la semplificazione amministrativa; aumentare l’efficacia della spesa pubblica attraverso una concreta aderenza aibisogni dei territori e al taglio dei tempi di erogazione, spesa, rendicontazione; Il PLG sviluppa le politiche giovanili del territorio nel suo complesso, e migliora la qualitàdella vita della comunità nel suo insieme, esso deve integrarsi con gli altri fondamentali strumenti della programmazione locale, come il Patto per lo Sviluppo, il Piano strategico locale, il Piano di Zona. Molti Comuni hanno usato il PLG come un’occasione per rafforzarsi, attrezzarsi e potenziare i servizi. Non si è trattato solo di investimenti strutturali, in una cornice più ampia, si sono stipulati accordi, intese.
***
Anche
il Comune di Napoli, attraverso una struttura amministrativa
dedicata, ha fino al 2011 utilizzato, come altre Città Metropolitane
e Comuni di minori dimensioni in Italia, lo strumento del Piano
Locale Giovani.
A
Napoli, è stata incoraggiata l’attività di messa in rete di
esperienze, competenze, progettualità e risorse, interpretando
innanzitutto “il territorio” come fonte di potenzialità
inespresse e inascoltate ed i giovani come agenti fondamentali del
cambiamento non più procrastinabile, per rilanciare la città.
Il
metodo attraverso il quale si è intervenuti per creare tale sinergia
è stata una esperienza di progettazione partecipata che, partendo
dal lavoro dell'Osservatorio Giovani presso il Dipartimento di
Scienze Sociali dell’Università “Federico II”, i cui
ricercatori hanno attivamente partecipato a tutto il percorso, ha
visto coinvolti operatori comunali, tante associazioni giovanili ed
enti , in prevalenza del terzo settore, caratterizzati da una
compagine giovane.
Nel
contempo si è lavorato sul rapporto tra le strutture amministrative
delle stesso Ente, e si è inaugurata una collaborazione trasversale
tra Servizi diversi, anche attraverso il coinvolgimento diretto di
alcuni uffici, lontani come competenze e come collocazione
nell’ambito dell’organizzazione comunale, nella progettazione e
nella attuazione di azioni innovative rivolte ai giovani cittadini.
In
sintesi, accanto ad una attività volta al reperimento delle risorse
economiche da integrare con le scarse disponibilità del bilancio
comunale, si è attivata una intensa attività di governance locale,
che si è sviluppata nella direzione del coinvolgimento degli
stakeholders del territorio, non trascurando i rapporti e
l’interazione con le varie articolazioni dell’organizzazione
amministrativa del comune, che nei procedimenti di attuazione degli
interventi rivolti ai giovani della città sarebbero state sia pure
indirettamente coinvolte.
In
quest’ultimo caso si è fatto ricorso allo strumento, previsto
dalla legge, delle conferenze di servizi, che hanno avuto come
virtuosa conseguenza la condivisione culturale dell’approccio
innovativo proposto, ed un cambio di atteggiamento da parte
dell’apparato burocratico.
Le
politiche giovanili, come si è detto, sono infatti politiche
trasversali, e per essere concretamente attuate necessitano di una
particolare cura da parte di tutto personale pubblico, e non solo
degli operatori sociali, verso i giovani utenti, attraverso un
approccio accogliente e trasparente volto a conquistarne la fiducia
e a farne utenti consapevoli e cittadini protagonisti.
L’esperienza
del Comune di Napoli, è diventata a livello nazionale un modello.
***
Cambiando
angolo visuale, e guardando ad una dimensione macro, ecco la
Strategia Europa 2020, che punta a rilanciare l'economia dell'UE nel
prossimo decennio.
In un mondo che cambia l'UE si propone di
diventare un'economia intelligente, sostenibile e solidale. Queste
tre priorità, che si rafforzano a vicenda, intendono aiutare l'UE e
gli Stati membri a conseguire elevati livelli di occupazione,
produttività e coesione sociale. In pratica, l'Unione si è posta
cinque ambiziosi obiettivi – in materia di occupazione,
innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia – da
raggiungere entro il 2020; ogni Stato membro ha adottato per
ciascuno di questi settori i propri obiettivi nazionali; interventi
concreti a livello europeo e nazionale vanno a consolidare la
strategia.
I
Piani Locali giovani sono uno strumento utile a declinare a livello
locale le linee guid della strategia UE. Costituiscono una best
practice da diffondere e riprodurre in altri
contesti.
Chiudo
citando ancora una volta la Sezione Centrale di Controllo della Corte
dei Conti:
Le Politiche Giovanili con i PGL hanno raggiunto visibilità. Sono, per loro natura, multiformi. Integrazione e mainstreaming regolano i modi di affrontare materie complesse, hanno perciò i contenuti, i metodi e gli strumenti per esprimere posizioni in campi in cui, finora, non intervenivano: dal lavoro all’economia, alla sanità, fino ai trasporti.
Si rileva la necessità di una strategia nazionale che identifica nei PLG il principale approccio delle Politiche Giovanili a livello territoriale, ed è importante che anche alcune Regioni abbiano deciso di adottare i PLG nella loro programmazione.
Una
parte delle Amministrazioni comunali italiane, l’ANCI che li
rappresenta, e la Rete ITER, che ha elaborato la metodologia del PLG,
avevano visto giusto.
Il
management degli enti locali che, pur essendo costretto a superare
non poche resistenze interne, è riuscito ad attuare in concreto
l’attività programmatoria e di spesa, aveva colto le potenzialità
del metodo, anche dal punto di vista delle positive ricadute sulle
organizzazioni amministrative.
Va
evidenziato che già da due Governi, lo scorso e quello attuale, non
c’è più un Ministro delle Politiche Giovanili (e non sappiamo se
il relativo dipartimento sopravviverà), di certo non risulta
rifinanziato il Fondo Nazionale per le Politiche Giovanili (anche se,
al fine dell’applicabilità del PLG, non è necessario un Fondo
dedicato, o comunque non necessariamente così dotato come quello di
cui si è parlato) né mi pare si parli più di politiche giovanili
nei termini appena esposti.
In
alcuni Comuni, tra i quali anche Napoli, le strutture organizzative
dedicate a questo tipo di interventi stiano scomparendo.
Ma
questi sono i paradossi italiani.
Ciao!
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Mr.Anthony Dave.
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