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venerdì 28 giugno 2013

L’innovazione consapevole ai tempi della crisi

Umberto Mandara
Socio di M(p)3
L’attuale condizione di operosità’ diversamente retribuita’ di molti di noi, Manager Privati Per la Pubblica amministrazione (MP3), lascia un po’ di tempo per riflettere sul nostro ruolo in questo difficile periodo di ‘Spending Review’. Il convegno "Oltrela Crisi: re-dirigere la P.A." ha offerto spunti preziosi per avviare un processo di elaborazione collettiva e conseguenti iniziative a sostegno. E allora cominciamo dalle domande che ‘scottano’…
In questi anni tumultuosi di politica quasi esclusivamente ‘gridata’, gli incarichi affidati a professionalità esterne da parte delle Pubbliche Amministrazioni, anche a causa della diffusione di un utilizzo improprio dell’istituto, sono diventati indiscriminatamente sinonimo di corruzione e clientelismo, fonte di diseconomie e di ‘latrocini’. Ma il dirigente a tempo determinato è necessariamente un dirigente ‘abusivo’?
La crisi spaventa. Molte Amministrazioni, soprattutto gli enti Locali non riescono più a pagare i propri dipendenti, E’ difficile trovare amministratori disposti ad investire nelle nostre professionalità ‘particolari’. 
Qui è in discussione non solo la continuità retributiva e contributiva dei singoli, ma l’ intera esperienza dei dirigenti a termine nella P.A. italiana. E allora, il manager privato per la pubblica amministrazione (MP3) è inesorabilmente un genere di lusso e dunque una specie in via d’ estinzione?
Eppure molti di noi hanno vissuto la propria esperienza di dirigente a tempo determinato con entusiasmo e passione civile, rimettendoci anche in termini di carriera, di retribuzione e contribuzione; e soprattutto con tangibili ed entusiasmanti risultati, a giudizio dei cittadini utenti e anche dei colleghi di lavoro pubblici, molti dei quali rimpiangono quella stagione di cambiamento; insomma siamo reduci consapevoli da battaglie quasi sempre vinte, da storie di successi.
E’ questo il momento di fare il punto sulle nostre figure professionali ‘di frontiera’, di fare cioè una fotografia seria e completa, e farla oggi, in epoca di crisi. E non solo a partire da numeri o tabelle, ma soprattutto a partire dalle nostre storie; sembra un metodo ‘allettante’ per cogliere il ‘senso’ della nostra professione in apparente via di estinzione, per dare i contenuti ad un’altrettanto allettante prospettiva, del resto emersa nel nostro convegno: dare un contributo determinante e decisivo alle innovazioni ormai diventate ineludibili per la sostenibilità delle nostre strutture pubbliche.
Ma andiamo per ordine ed affidiamo a poche righe il ‘condensato’ della nostre difficili, ma esaltanti ‘avventure’ di svariati anni di responsabilità in strutture anche complesse della pubblica amministrazione italiana e questo non per autocelebrazione, ma per ricavare il succo, e cioè la ‘morale’ della favola’. Si può iniziare con una ‘confessione’ legata ad una scoperta.

La diagnosi condivisa

In questi anni di conduzione di progetti e servizi pubblici abbiamo fatto i ‘medici’ più che gli avvocati, gli amministrativi, i ragionieri o gli ingegneri; perché le organizzazioni che abbiamo modernizzato, assomigliavano molto di più ad organismi che a macchine; (che brutta l’ espressione: riforma della macchina comunale!). E così, ad esempio, con la partecipazione dei colleghi interni alle amministrazioni, abbiamo iniziato a ‘misurare’ la temperatura degli uffici o delle banche dati (monitorando ad esempio il numero di reclami agli sportelli, i tempi di attraversamento delle pratiche); abbiamo individuato, analizzato e condiviso i ‘trombi’, le strozzature del sistema circolatorio, e cioè dei procedimenti, dei flussi documentali e informativi ‘interrotti’ tra vari servizi; soprattutto abbiamo individuato le potenzialità e le positività offerte dalle risorse disposte a pensare e sostenere il cambiamento, la parte più viva dell’ organismo. Quanto sarebbe utile, per ogni comune, regione, ASL fare un check-up periodico, una radiografia ed un’ analisi del sangue, che è la misura della qualità dei processi e dei servizi!
Un primo punto è allora questo: il professionista chiamato dall’ esterno, vanta competenze ed esperienze specialistiche non rinvenibili all’ interno, ma ha soprattutto il singolare vantaggio di poter analizzare con occhio disincantato, ‘dall’esterno pur stando dentro’, le anomalie e le positività legate ai processi ed ai servizi. Non deve essere dunque più bravo e competente dei funzionari ‘interni’, che spesso vantano conoscenze e competenze di ottimo livello. Infatti questo primo lavoro di analisi, anzi di diagnosi, va svolto con estrema umiltà, mettendosi soprattutto ‘in ascolto’ di chi, magari a digiuno delle ultime novità giuridiche o tecniche, conosce però quell’ ufficio a menadito. Non uno scienziato o un taglia teste, dunque, ma soprattutto un terapeuta, con predisposizione ‘maieutica’ a tirar fuori le ‘forze vive’.

La terapia e la consapevolezza

Ritornando alla nostre storie ‘mediche’, le cure da cavallo praticate inesorabilmente hanno richiamato l’aggressività degli anticorpi sia interni che esterni all'amministrazione; la semplificazione dei processi, la loro razionalizzazione toccava assetti organizzativi consolidati. Ad alcuni di noi, impegnati nell'innovazione, è capitato anche di ricevere minacce e ‘piccoli fastidi’ da parte di malavitosi; ma alla fine, quasi sempre è andata bene, gli uffici sono stati riformati, i lavoratori hanno condiviso il cambiamento, i dati sono stati bonificati e, in maniera contestuale, le spese di gestione sono state considerevolmente ridotte.
Il secondo punto qualificante della nostra professionalità dunque riguarda la consolidata esperienza di innovazione e cioè di terapie riuscite, tante da farne un metodo. L’innovazione è una cosa seria, che ha le sue ‘leggi’ ferree, ha i suoi ‘protocolli’, il suo ‘ciclo di vita’; si tratta di seguire dei passi metodologici senza scorciatoie: c’è l’individuazione del contesto, la concertazione con i lavoratori impiegati e con gli utenti, l’individuazione dell’ esperienza pilota, la riprogettazione. Questi sono i requisiti per una innovazione che sia condivisa, questo è il metodo dell’ innovazione consapevole.
L’abbiamo detto più volte: la nostra professionalità di frontiera si presta bene a concentrarsi sul ‘metodo’ e sul ‘merito’ dell’ innovazione spingendo sulla risoluzione del problema (problem solving) e facendo passare in secondo piano una distinzione spesso rigida di competenze, ruoli ed adempimenti; e, da questo punto di vista, è una ventata fresca e una ‘linfa giovane’ in un albero maturo. Se condotta bene questa operazione, superate le prime diffidenze, genera coinvolgimento e risveglia energie insospettate anche da parte dei più ‘antichi’ e più ‘saggi’ delle strutture!

La cura funziona

Ed ora arriviamo alla fase finale: il paziente è guarito, può camminare da solo. Dopo aver fatto ‘il proprio mestiere’, il dirigente a termine è chiamato a rilasciare il servizio innovato al dirigente o funzionario pubblico deputato; la vera soddisfazione è constatare che, senza l’ innovatore, quell'organismo curato, ormai vive di vita propria; l’ innesto è riuscito e avanti il prossimo intervento, in un’altra area da innovare, nella stessa Amministrazione o in un’ altra!
(Magari …)
Insomma ci siamo appassionati a questo lavoro perché abbiamo constatato, mese dopo mese, anno dopo anno, che anche e soprattutto nelle nostre città del Sud con questo nostro metodo, si poteva fare il dottore e curare con successo un organismo istituzionale; anche e soprattutto nel Sud, dunque si può fare innovazione e generare cambiamento nella Pubblica Amministrazione.

Un’opportunità per la crisi

La crisi spaventa. Ma proprio in periodo di ristrettezze economiche diventano indispensabili le operazioni di razionalizzazione delle risorse, semplificazione amministrativa, cooperazione informativa, innovazione di servizi e processi. Nei grandi comuni basterebbe uno stradario condiviso e certificato per recuperare tributi, multe, mobilità. E quanto faciliterebbe il recupero di credibilità della classe politica una esperienza di Bilancio partecipato! Di esempi se ne potrebbero fare tanti e tutti a bassissimo investimento. Come coniugare allora i tagli e la spending review, con una spesa legata all’ impiego di professionisti privati?
Una proposta forte potrebbe essere quella di finalizzare gli incarichi al recupero di efficacia/efficienza, con saldi positivi di un'analisi costi/benefici preliminare da seguire e rispettare.
Una seconda questione urgente per evitare l’estinzione, attiene alla cronica precarietà della nostra carriera lavorativa che in periodo di crisi è diventata acuta. Come coniugare incarichi a termine con la continuità lavorativa?
Anche qui avanziamo una proposta precisa: proprio in questo periodo di crisi diventa ineludibile la formazione di albi specifici a cui possono attingere le Pubbliche Amministrazioni, con la certificazione delle competenze ed esperienze maturate.
E allora: i terapeuti ci sono ed ancora entusiasti, nonostante tutto. Le medicine costano poco. Perché non approfittarne, visto che è urgente fare la dieta?

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