Umberto Mandara Socio di M(p)3 |
In
questi anni tumultuosi di politica quasi esclusivamente ‘gridata’,
gli incarichi affidati a professionalità esterne da parte delle
Pubbliche Amministrazioni, anche a causa della diffusione di un
utilizzo improprio dell’istituto, sono diventati
indiscriminatamente sinonimo di corruzione e clientelismo, fonte di
diseconomie e di ‘latrocini’. Ma il dirigente
a tempo determinato è necessariamente un dirigente ‘abusivo’?
La
crisi spaventa. Molte Amministrazioni, soprattutto gli enti Locali
non riescono più a pagare i propri dipendenti, E’ difficile
trovare amministratori disposti ad investire nelle nostre
professionalità
‘particolari’.
Eppure
molti di noi hanno vissuto la propria esperienza di dirigente a
tempo determinato con
entusiasmo e passione civile,
rimettendoci anche in termini di carriera, di retribuzione e
contribuzione; e soprattutto con tangibili ed entusiasmanti risultati, a giudizio dei cittadini utenti e anche dei colleghi di lavoro
pubblici, molti dei quali rimpiangono quella stagione di cambiamento;
insomma siamo reduci
consapevoli da battaglie quasi sempre vinte, da storie di successi.
E’
questo il momento di fare
il punto sulle nostre figure professionali ‘di frontiera’, di
fare cioè una fotografia seria e completa, e farla oggi, in epoca di
crisi. E non solo a partire da numeri o tabelle, ma soprattutto a
partire dalle nostre storie; sembra un metodo ‘allettante’ per
cogliere il ‘senso’ della nostra professione in apparente via di
estinzione, per
dare i contenuti ad un’altrettanto allettante prospettiva, del
resto emersa nel nostro convegno: dare un contributo determinante e
decisivo alle innovazioni ormai diventate ineludibili per la
sostenibilità delle nostre strutture pubbliche.
Ma
andiamo per ordine ed affidiamo a poche righe il ‘condensato’
della nostre difficili, ma esaltanti ‘avventure’ di svariati
anni di responsabilità in strutture anche complesse della pubblica
amministrazione italiana e questo non per autocelebrazione, ma per
ricavare il succo, e cioè la
‘morale’ della favola’.
Si può iniziare con una ‘confessione’ legata ad una scoperta.
La diagnosi condivisa
In
questi anni di conduzione di progetti e servizi pubblici abbiamo
fatto i ‘medici’ più che gli avvocati, gli amministrativi, i
ragionieri o gli ingegneri;
perché le organizzazioni che abbiamo modernizzato, assomigliavano
molto di più ad organismi che a macchine; (che brutta l’
espressione: riforma della macchina comunale!). E così, ad esempio,
con la partecipazione dei colleghi interni alle amministrazioni,
abbiamo iniziato a ‘misurare’ la temperatura degli uffici o delle
banche dati (monitorando ad esempio il numero di reclami agli
sportelli, i tempi di attraversamento delle pratiche); abbiamo
individuato, analizzato e condiviso i ‘trombi’, le strozzature
del sistema circolatorio, e cioè dei procedimenti, dei flussi
documentali e informativi ‘interrotti’ tra vari servizi;
soprattutto abbiamo individuato le potenzialità e le positività
offerte dalle risorse disposte a pensare e sostenere il cambiamento,
la parte più viva dell’ organismo. Quanto sarebbe utile, per ogni
comune, regione, ASL fare un check-up
periodico,
una radiografia ed un’ analisi del sangue, che è la misura della
qualità dei processi e dei servizi!
Un
primo punto è allora questo: il professionista chiamato dall’
esterno, vanta competenze ed esperienze specialistiche non
rinvenibili all’ interno, ma ha soprattutto
il singolare vantaggio di poter analizzare con occhio disincantato,
‘dall’esterno pur stando dentro’, le anomalie e le positività
legate ai processi ed ai servizi. Non
deve essere dunque più bravo e competente dei funzionari ‘interni’,
che spesso vantano conoscenze e competenze di ottimo livello. Infatti
questo primo lavoro di analisi, anzi di diagnosi, va svolto con
estrema umiltà, mettendosi soprattutto ‘in
ascolto’
di chi, magari a digiuno delle ultime novità giuridiche o tecniche,
conosce però quell’ ufficio a menadito. Non
uno scienziato o un taglia teste, dunque, ma soprattutto un
terapeuta, con predisposizione ‘maieutica’ a tirar fuori le
‘forze vive’.
La terapia e la consapevolezza
Ritornando
alla nostre storie ‘mediche’, le cure da cavallo praticate
inesorabilmente hanno richiamato l’aggressività degli anticorpi
sia interni che esterni all'amministrazione; la semplificazione
dei processi, la loro razionalizzazione toccava assetti organizzativi
consolidati. Ad alcuni di noi, impegnati nell'innovazione, è
capitato anche di ricevere minacce e ‘piccoli fastidi’ da parte
di malavitosi; ma alla fine, quasi sempre è andata bene, gli
uffici sono stati riformati, i lavoratori hanno condiviso il
cambiamento, i dati sono stati bonificati e, in maniera contestuale,
le spese di gestione sono state considerevolmente ridotte.
Il
secondo punto qualificante della nostra professionalità dunque
riguarda la consolidata esperienza di innovazione e cioè di terapie
riuscite, tante da farne un metodo.
L’innovazione è una cosa seria, che ha le sue ‘leggi’
ferree, ha i suoi ‘protocolli’, il suo ‘ciclo di vita’; si
tratta di seguire dei passi metodologici senza scorciatoie: c’è
l’individuazione del contesto, la concertazione con i lavoratori
impiegati e con gli utenti, l’individuazione dell’ esperienza
pilota, la riprogettazione. Questi sono i requisiti per una
innovazione che sia condivisa, questo è il metodo dell’
innovazione
consapevole.
L’abbiamo
detto più volte: la nostra professionalità di frontiera si presta
bene a concentrarsi sul ‘metodo’ e sul ‘merito’ dell’
innovazione spingendo sulla risoluzione
del problema
(problem
solving)
e facendo passare in secondo piano una distinzione spesso rigida di
competenze, ruoli ed adempimenti; e, da questo punto di vista, è
una ventata fresca e una ‘linfa giovane’ in un albero maturo. Se
condotta bene questa operazione, superate le prime diffidenze, genera
coinvolgimento e risveglia energie insospettate anche da parte dei
più ‘antichi’ e più ‘saggi’ delle strutture!
La cura funziona
Ed
ora arriviamo alla fase finale: il paziente è guarito, può
camminare da solo. Dopo aver fatto ‘il proprio mestiere’, il
dirigente a termine è chiamato a rilasciare il servizio innovato
al dirigente o funzionario pubblico deputato; la vera soddisfazione
è constatare che, senza l’ innovatore,
quell'organismo curato, ormai vive di vita propria;
l’ innesto è riuscito e avanti il prossimo intervento, in
un’altra area da innovare, nella stessa Amministrazione o in un’
altra!
(Magari
…)
Insomma
ci siamo appassionati a questo lavoro perché abbiamo constatato,
mese dopo mese, anno dopo anno, che anche e soprattutto nelle nostre
città del Sud con questo nostro metodo, si poteva fare il dottore e
curare
con successo un organismo istituzionale;
anche e soprattutto nel Sud, dunque si può fare innovazione e
generare cambiamento nella Pubblica Amministrazione.
Un’opportunità per la crisi
La
crisi spaventa. Ma proprio in periodo di ristrettezze economiche
diventano indispensabili le operazioni di razionalizzazione delle
risorse, semplificazione amministrativa, cooperazione informativa,
innovazione di servizi e processi. Nei grandi comuni basterebbe uno
stradario condiviso e certificato per recuperare tributi, multe,
mobilità. E quanto faciliterebbe il recupero di credibilità della
classe politica una esperienza di Bilancio partecipato! Di esempi se
ne potrebbero fare tanti e tutti a bassissimo investimento. Come
coniugare allora i tagli e la spending
review,
con una spesa legata all’ impiego di professionisti privati?
Una
proposta forte potrebbe essere quella di finalizzare gli incarichi
al recupero di efficacia/efficienza, con saldi positivi di un'analisi costi/benefici preliminare da seguire e rispettare.
Una
seconda questione urgente per evitare l’estinzione, attiene alla
cronica precarietà
della nostra carriera lavorativa
che in periodo di crisi è diventata acuta. Come coniugare
incarichi a termine con la continuità lavorativa?
Anche
qui avanziamo una proposta precisa: proprio in questo periodo di
crisi diventa ineludibile la formazione di albi specifici a cui
possono attingere le Pubbliche Amministrazioni, con la certificazione
delle competenze ed esperienze maturate.
E
allora: i terapeuti ci sono ed ancora entusiasti, nonostante tutto.
Le medicine costano poco. Perché non approfittarne, visto che è
urgente fare la dieta?
Nessun commento:
Posta un commento