Giovanni Paonessa socio fondatore di M(p)3 |
Per la Corte dei Conti,
infatti, sui vincoli alla spesa previsti da una normativa
contingente, prevalgono – e non potrebbe essere diversamente – le
prescrizioni della nostra bella Costituzione in materia di
diritto allo studio ed all'educazione che inizia, come sappiamo,
già dalla frequentazione delle scuole dell’infanzia, soprattutto
nel caso di bambine e bambini che vivono in contesti di fragilità o
di disagio familiare.
La Deliberazione adottata
dalla Giunta Comunale di Napoli per procedere alle assunzioni di
“supplenti”, non solo era pienamente conforme ai dettati
legislativi ma rappresenta un importante precedente per ricondurre
alla “gerarchia delle fonti” gli atti che quotidianamente gli
amministratori degli Enti locali sono tenuti ad adottare quando
bisogna assumere scelte strategiche per continuare a garantire i
servizi fondamentali ai cittadini, nel nostro caso quelli dei più
piccoli ed indifesi, sebbene in presenza di vincoli normativi e di
forti limitazioni alle disponibilità finanziarie.
Ma, se il provvedimento
della Corte dei Conti rappresenta la conferma della bontà e della
correttezza formale e sostanziale dell’atto adottato dalla Giunta
Comunale di Napoli, che merita apprezzamento per il coraggio
politico-amministrativo dimostrato, non è possibile ignorare le
difficoltà che all'epoca furono sollevate dalla dirigenza
dell’Ente per trasformare in atti amministrativi il chiaro e
coerente indirizzo della Giunta.
Si registrò una
paradossale serie di “obiezioni di coscienza” anche se sarebbe
meglio utilizzare il termine “obiezione di conoscenza” per cui,
uno di seguito all'altro, i dirigenti che sulla base
dell’organigramma dell’Ente avrebbero dovuto assumersene la
responsabilità declinarono l’invito a procedere. Non si
registrarono dimissioni, quelle no, mai in questo mondo, ma prese
piede uno strano gioco di palazzo per cui, alla fine, per
sottrazione, restarono a disposizione esclusivamente il Direttore
Generale ed il Capo di Gabinetto.
Il primo fece prevalere
una questione (giusta e condivisibile) di principio amministrativo
generale, gli atti gestionali non possono essere posti in capo al
Direttore Generale.
Il secondo fece leva sul senso di responsabilità caricando su di sé anche questa incombenza. Eppure, dovrebbe essere chiaro a tutti che in quelle convulse ore si consumò un grave processo di insubordinazione, oltretutto gratuita ed immotivata, come è stato dimostrato dai fatti successivi.
Il secondo fece leva sul senso di responsabilità caricando su di sé anche questa incombenza. Eppure, dovrebbe essere chiaro a tutti che in quelle convulse ore si consumò un grave processo di insubordinazione, oltretutto gratuita ed immotivata, come è stato dimostrato dai fatti successivi.
E qui si innesca la
discussione che, proprio in queste settimane, su iniziativa di M(p)3
(Manager Privati Per il Pubblico) abbiamo provato ad aprire, in
particolare con l’affollato e riuscito appuntamento del 23 maggio aCittà della Scienza.
I detrattori del ricorso
alle professionalità esterne alle dotazioni dirigenziali degli Enti
Locali, si richiamano ad una presunta terzietà del dirigente
pubblico rispetto alle funzioni politiche che amministrano le città.
Da questo osservatorio, che si caratterizza per il tormentone “io
ho vinto un concorso”, i manager assunti con contratti a tempo
determinato vengono volutamente e strumentalmente confusi con i
consulenti o con le figure di staff e, per lo più, tutti questi
profili sono accomunati da un supponente e generico giudizio
negativo.
In realtà, i manager
assunti con contratti di lavoro temporaneo esprimono la propria
professionalità assumendosi la responsabilità di trasformare, con
grande attenzione e rispetto, gli atti di indirizzo degli organi di
governo della città in atti amministrativi coerenti, rispettosi
delle normative vigenti e delle compatibilità generali a cui sono
sottoposti.
La professionalità dei
manager consiste proprio nel conciliare la volontà politica e gli
indirizzi di governo con la ricerca delle soluzioni più adeguate.
E’ facile dire sempre:
“no, non si può”. E’ sempre possibile commettere
errori, fare pasticci. Al di fuori di questo range di possibilità
(per il quale i dirigenti che più si contraddistinguono per
l’ostilità verso i manager con contratti di lavoro temporanei
sembrano propendere con particolare attitudine) c’è la buona
amministrazione, la ricerca delle migliori soluzioni, il confronto
prezioso e propositivo con i propri amministratori, senza
preclusioni, nel pieno rispetto delle regole e dei ruoli che la legge
fissa con attenzione.
Dare seguito alle
decisioni assunte dalla Giunta Comunale di Napoli in materia di
assunzione delle maestre non sarebbe stato un atto di obbedienza, una
rischiosa assunzione di responsabilità individuale non prevista dal
ruolo ricoperto, come in quei giorni è stato affermato, purtroppo
anche da parte delle stesse OO.SS. che pure avrebbero dovuto tutelare
le maestre precarie in bilico.
Sarebbe stato,
semplicemente (ma la semplicità è una delle cose più difficili da
realizzare) esercitare fino in fondo, con attenzione, professionalità
e responsabilità, il proprio ruolo divenendo consulenti attivi e
propositivi di un’Amministrazione che intendeva tenere aperte le
scuole comunali per consentire, anche ai più svantaggiati, di
poterle frequentare. Forse, tra le materie brillantemente superate al
concorso, le domande sui diritti costituzionale degli ultimi non
erano uscite!
***
Qualche giorno fa è
venuto meno Pasquale Losa. Fu Assessore alle Risorse Umane del Comune
di Napoli ed ebbi modo di collaborare a lungo con lui. Un rapporto
mai facile, a volte conflittuale, stanti anche le forti connotazioni
caratteriali e la comune storia di militanti sindacali. Ma mai, in
nessuna occasione, la funzione dell’amministratore ha tentato di
prevaricare quella del dirigente (sebbene con contratto di lavoro a
tempo determinato) riconoscendo al rapporto fiduciario quella
accezione a maglie larghe che comporta un apprezzamento professionale
e mai una funzione sussidiaria o subordinata. E, d’altra parte, mai
feci mancare il mio sostegno tecnico e professionale nella leale
ricerca delle migliori soluzioni possibili, anche rispetto ad
indirizzi che avrei potuto non condividere del tutto.
Era ben chiaro il ruolo
politico dell’amministratore, era ben chiaro il ruolo di supporto
tecnico e gestionale del dirigente.
Quello che, mi sembra
evidente, è del tutto mancato in occasione della vicenda appena
citata delle assunzioni di maestre per garantire l’apertura delle
scuole comunali.
Ricordo con affetto un
episodio, marginale ma per me importante. Di fronte alla richiesta di
concludere un procedimento su cui avevo manifestato alcune
perplessità sul versante amministrativo-contabile, l’Assessore mi
chiese a bruciapelo: “ma a quanto ammonterebbe l’eventuale
onere che dovremmo risarcire?”. Gli risposi che si trattava di
alcune migliaia di euro, forse diecimila. Mi sorrise e commentò: “va
bene, eventualmente dividiamo a metà”.
Un modo immediato per
fare sentire la vicinanza, per condividere anche emotivamente un
momento di scelta. Naturalmente, trovammo una soluzione (una
mediazione tra due ex sindacalisti non era poi così difficile) che
tenesse conto delle esigenze “politiche” dell’amministrazione
e, contestualmente, dei rilievi che avevo evidenziato. In molti casi,
infatti, la soluzione non è “uno vince, l’altro perde” ma “una
buona soluzione per tutti”. E, naturalmente, non c’è stato
bisogno di “fare a metà”.
Il rapporto fiduciario
spesso viene equivocato come una forma di subordinazione ma, al
contrario, si fonda su una relazione dialettica sulla base della
quale l’Amministratore si avvale della professionalità e delle
capacità “problem solving” del manager al quale si richiede una
forte dose di innovazione e di visione strategica.
***
Ecco, forse per
amministrare e per dirigere un grande comune problematico e
complesso come la città di Napoli sarebbe necessario ripartire da
questo semplice ed efficace “compromesso” tra
amministratori e dirigenti ma, soprattutto, trovare un comune sentire
che non può che andare oltre la semplice funzione burocratica
minimalista.
Alcune sensibilità,
l’interesse per il bene comune, non vengono valutate ai concorsi,
non sono oggetto dei temi e delle domande proposte dalle commissioni
d’esame. E, spesso, le risposte si trovano andando oltre le strade
già battute. La Pubblica Amministrazione ha bisogno di manager
preparati e creativi, non potrà fare passi significativi limitandosi
a filtrare le proprie azioni con lo spettro dei giudizi del TAR o
della Corte dei Conti.
Poi, può perfino
capitare, come è successo questa volta, che gli stessi Tribunali
amministrativi siano più avanti di chi li evoca ad ogni occasione,
spesso solo per pigrizia o per ignavia.
Le più importanti
riforme sono state anticipate da soggetti che le hanno costruite
sperimentando, spesso rischiando in proprio. Si pensi a Franco
Basaglia che interpretò il suo ruolo di dirigente responsabile di un
procedimento per rivoluzionare un contesto. Se al suo posto ci
fossero stati rigorosi interpreti dell’ortodossia, i “malati”
psichiatrici sarebbero ancora “curati” legandoli ai letti di
contenzione.
***
Probabilmente, come
abbiamo sostenuto durante il convegno di MP3 a città della Scienza,
la Pubblica Amministrazione potrà essere davvero riformata solo
intervenendo sulla natura stessa del rapporto contrattuale della
propria dirigenza, prevedendo forme avanzate e fin qui non
sperimentate di “rimescolamento” culturale e professionale.
Non condivido l'assunto dell'articolo.
RispondiEliminaDirigenti di ruolo = timorosi, e "non conoscenti", quindi ignoranti
Dirigenti "precari" = coraggiosi e preparati.
Si parte da un caso specifico e si generalizza impropriamente.
Allo stesso modo, sulla base di altri casi, si potrebbe generalizzare al contrario e scrivere:
Dirigenti di ruolo = vincitori di concorso, preparati e predisposti a curare l'interesse pubblico
Dirigenti "precari" = beneficiati per amicizia di qualche politico e asserviti a raggiungere obiettivi anche in barba alle norme vigenti.
Detto questo nel metodo, nel merito il caso particolare sarebbe da capire bene.
Si è di fronte ad una richiesta di archiviazione della Procura regionale della Corte dei Conti, quindi non vi è stato un giudizio, né un'assoluzione.
Si dovrebbero leggere gli atti per capire bene le motivazioni. Dalle poche notizie di stampa sembra che la cosa si fondi sulla deliberazione delle ss.rr. 46/2011, che non è certamente una delle deliberazioni più riuscite della Corte ...
Francamente sono stufa di leggere commenti come quello di quest'anonimo, che già per il fatto di essere tale dà luogo a qualche perplessità. E' chiaro che le parole dell'articolo vogliono essere provocatorie, e giustamente lo sono.
EliminaPersonalmente reputo che il solo fatto di essere vincitori di concorso non è di per se sinonimo di competenza, nè di predisposizione alla cura dell'interesse pubblico. Sappiamo come sono stati fatti i concorsi pubblici in Italia, sovente tutt'altro che lontani da interferenze politiche. Ma, soprattutto, vogliamo parlare di come sono strutturate le prove dei concorsi pubblici, e se sono davvero in grado di selezionare competenze? A me pare che, piuttosto, i concorsi a dirigente, in Italia, si limitino a selezionare null'altro che diligenti conoscitori di norme, e che quei dirigenti pubblici che sono davvero bravi lo sono perchè, avendone le caratteristiche, hanno scelto di intraprendere percorsi autonomi di apprendimento e professionalizzazione.
Non credo sia utile generalizzare e ripercorrere la vecchia contrapposizione tra dirigenti a tempo indeterminato e dirigenti a tempo determinato. Non è il rapporto che lega il dirigente all'Amministrazione che lo qualifica più o meno professionale e legato alla "causa".
EliminaPiuttosto propenderei per una sempre maggiore specializzazione e professionalizzazione dei manager pubblici che diano un contributo di competenza agli Amministratori per affiancarli nel sempre più difficile compito di gestire in maniera "pubblica" gli Enti.
Smettiamola tutti di nasconderci dietro la vittoria di un concorso per accampare diritti e prevalenze che i cittadini non riescono più a comprendere.
Pensate davvero che a chi vive fuori dai palazzi interessi lo status giuridico di un dirigente pubblico?? Al cittadino stà a cuore che le strade siano pulite e che non abbiano buche, tutto il resto sono solo recriminazioni di casta!!