Da almeno trent'anni si attuano riforme all'avanguardia
alle quali si sono ispirati anche gli altri paesi, eppure si
evidenzia un gap crescente di qualità e livello di efficienza
rispetto alle pubbliche amministrazioni dei paesi occidentali più
avanzati.
La riforma della pubblica amministrazione è nell'agenda di
governo dei paesi industrializzati dagli anni Ottanta.
Trent'anni di storia nei quali l’Italia si è segnalata tra le
nazioni più attive e innovative, distinguendosi per numero e rilievo
di provvedimenti approvati, che hanno riguardato praticamente tutti
gli ambiti di intervento del settore pubblico, dai ministeri agli
enti locali, dalla sanità alla scuola, alle imprese di pubblici
servizi.
Temi chiave quali il rapporto tra politica e management, le
liberalizzazioni, la semplificazione, il contrasto alla corruzione,
la meritocrazia, sono stati a più riprese oggetto di importanti
provvedimenti normativi, ai quali spesso altri paesi si sono
ispirati, come riconoscono studi e analisi internazionali. Eppure,
dagli stessi studi, emerge un gap crescente tra la qualità e
il livello di efficienza del settore pubblico italiano e quelli dei
paesi più avanzati. Sarebbe ingiusto dire che la p.a. non è
cambiata o è cambiata solo sulla carta. Vi sono esperienze di
successo ed esempi positivi e, nell'insieme, la qualità media è
aumentata. Ma non a sufficienza e in modo troppo disomogeneo, tale da
evidenziare enormi differenze tra livelli di governo, aree
territoriali e singole amministrazioni.
È necessario un cambio di passo.