In questi ultimi giorni, il nuovo governo di Matteo Renzi sta lavorando alla sua riforma sul pubblico impiego che, pare, interesserà anche la dirigenza.
Le anticipazioni che si leggono sembrano indicare una riforma che coglie molti degli spunti che M(p)3 ha posto alla base del proprio Manifesto e che sono stati proposti alla riflessione pubblica, sia in uno specifico documento, sia nel corso del convegno "Oltre la crisi: re-dirigere la P.A.".
Di seguito, una sintesi di quello che bolle in pentola, ripresa dal Sole 24 ore.
Mobilità anche interamministrativa, un albo unico per tutti gli alti burocrati, salario di produttività vincolato all'effettiva capacità di ottimizzare la gestione finanziaria degli uffici statali e anche pagelle dettagliate in nome dell'efficienza. Sarà un mix di jobs act e di spending review a modellare la nuova fisionomia del dirigente pubblico italiano. Una micro-riforma che potrebbe prendere il via anche facendo leva sull'operazione in due fasi alla quale il governo sta pensando per dare il via ai primi interventi in chiave lavoro e occupazione. Se non a marzo nell'ambito delle misure collegate al jobs act, gli interventi sulla dirigenza prenderanno forma in ogni caso al più tardi ad aprile. Al momento, l'ipotesi più gettonata resta quella di far scattare il piano sul riordino dei vertici della burocrazia in parallelo a quello sulla complessiva riorganizzazione della pubblica amministrazione che, sulla base della tabella di marcia stilata dal premier Matteo Renzi, dovrebbero arrivare il prossimo mese. Anche se il dossier Cottarelli sulla revisione della spesa pubblica, che sarà reso noto entro il 10-15 marzo potrebbe accelerare il processo.
Intanto in nome della mobilità, oltre al cambio della guardia nei gabinetti e negli uffici legislativi e di staff dei ministeri, Palazzo Chigi sta già provvedendo in raccordo con i singoli dicasteri alla rotazione dei capi dipartimento.